Farmaci biosimilari. Verso una corretta attuazione della legge 232/2016 per mitigare il fenomeno delle carenze

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Dall’arrivo del primo farmaco biosimilare in Italia, nel 2006, questi medicinali hanno consentito di ampliare l’accesso alle cure in tutte le aree terapeutiche in cui sono presenti, servendo anche da efficace freno alle spesa farmaceutica, voce di spesa del SSN in continuo aumento. L’acquisto e la dispensazione di questi farmaci vengono disciplinati dalla legge 232/2016, che prevede lo svolgimento di gare multi-aggiudicatarie a valle delle quali il medico può scegliere di prescrivere uno dei tre aggiudicatari della gara in base al proprio giudizio clinico. Ma nonostante questa normativa rappresenti ancora oggi lo strumento deputato a bilanciare le esigenze di contenimento della spesa con quelle di ampliamento dell’accesso delle cure ai pazienti, da più parti si segnala un’applicazione distonica rispetto all’obiettivo del legislatore, in particolare nell’utilizzo frequente solo del primo aggiudicatario della gara, al prezzo più basso. Se ne è parlato nella nuova puntata di Health Conversation dal titolo “Farmaci biosimilari. Verso una corretta attuazione della legge 232/2016 per mitigare il fenomeno delle carenze”, con il supporto non condizionato di Egualia.

“In Italia il mercato dei biosimilari è un mercato importante, che tocca i 450 milioni di euro – fa notare Marco Forestiere, vicepresidente Egualia – con una crescita negli ultimi 5 anni del 6% e una penetrazione del 60% a livello nazionale, valore ottimo se lo guardiamo rispetto agli altri Paesi d’Europa. Quindi abbiamo fatto un bel percorso fino ad oggi. La legge quadro è un ottimo strumento e, anche rispetto alle normative di altri Stati, è ben costruita. Ma in questo momento la sua applicazione non è uniforme a livello regionale, perché in alcune regioni viene applicata in modo più consono di altre. Quindi abbiamo l’opportunità, se la legge verrà applicata meglio, di garantire più continuità e pluralità terapeutica, oltre alla sostenibilità delle cure. Altro punto riguarda le aziende, che hanno bisogno di una stabilità e una sostenibilità della pianificazione della produzione, senza dover spegnere e poi a riaccendere i processi produttivi. Il terzo punto è il beneficio per lo Stato, per il sistema sanitario: sia un risparmio, che la possibilità per quanto riguarda le aziende ospedaliere di avere la sicurezza della fornitura del prodotto”.

Il mercato italiano dei biosimilari è il più grande in Europa a volumi e il terzo a valori, preceduto da Regno Unito e Germania. Nell’anno 2023 l’osservatorio del Centro Studi Egualia su dati IQVIA ha registrato una crescita dei consumi di prodotti biosimilari del 4,7% rispetto ai 12 mesi precedenti. A livello regionale, il consumo dei biosimilari, per tutte le molecole con biosimilare in commercio, si presenta a macchia di leopardo. Per l’anno 2023 in testa, campioni dei consumi: Marche con quota 70,8%, Valle d’Aosta e Piemonte con quota 68,4%, Liguria (67,4%), Sicilia (63%) e Toscana (60,7%). Fanalini di coda la Lombardia con quota 32,2%, la Sardegna 34,3% e la Calabria con quota 39,7%.

“L’Italia in questo caso si è capovolta – fa notare Arturo Cavaliere, presidente della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici (Sifo) – per la prima volta vediamo la Lombardia come ultima Regione. E ancora una volta non c’è un’uniformità e una linea di indirizzo comune tra le Regioni al fine di orientare le aziende sanitarie in un target di utilizzo che sia concorde. Sappiamo bene che quando si parla di governance farmaceutica ci sono diversi livelli: una governance nazionale, una governance regionale che ha il compito di indicare linee di indirizzo su come, in modo operativo, va declinata la sostenibilità sul territorio regionale. I dati dimostrano che non c’è un coordinamento reale all’interno delle Regioni o, qualora ci fosse, non viene recepito in modo uniforme dai clinici su tutto il territorio nazionale. Questi stessi dati vanno migliorati promuovendo cultura verso l’utilizzo del biosimilare. E i farmacisti ospedalieri in questo da anni sono parte attiva e partecipi. Il biosimilare rappresenta una leva economica straordinaria per poter arruolare nuovi pazienti già dai mesi di settembre-ottobre, quando le risorse finiscono all’interno delle aziende sanitarie grazie proprio ai risparmi generati dai biosimilari. E quei risparmi non restano nelle casse delle aziende sanitarie, ma servono per arruolare nuovi pazienti con farmaci innovativi biotech”.

“Nonostante il mercato italiano dei biosimilari sia un mercato di riferimento a livello europeo – interviene Emanuele Monti, Presidente della Commissione Sostenibilità sociale, casa e famiglia della Regione Lombardia, Componente della Commissione Sanità, Regione Lombardia, nonché Membro del Cda dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) – certamente c’è la necessità di superare delle differenze regionali molto marcate, che arrivano addirittura al doppio in termini di percentuale di penetrazione sul mercato. C’è la necessità di migliorare la burocrazia, per arrivare anche al tema della gestione delle stesse gare. Occorre lavorare sul tema dell’informazione e della formazione dei medici, sia per quanto riguarda i biosimilari vs i farmaci biologici originatori, sia lo switch di terapia. La legge del 2016 necessita di essere aggiornata, in un contesto nuovo. La riforma dell’Aifa che sta prendendo piede proprio in questi mesi, la necessità di adeguarsi a un modello europeo, la necessità di avere una visione rinnovata. Diventa fondamentale una cabina di regia più chiara a livello nazionale. “Partendo da una piattaforma utile come quella delle gare multi aggiudicatarie occorre poter definire un percorso migliore e più chiaro per i biosimilari, anche per evitare carenze”.

Intervenire su tutto questo “non è solo una responsabilità delle istituzioni regionali – precisa Forestiere – ma dobbiamo sederci tutti al tavolo: recentemente in Lombardia si è aperto un tavolo di lavoro per riuscire a capire anche come coinvolgere i clinici, le istituzioni e tutti gli attori coinvolti”.

“La legge è nata con lo spirito giusto – osserva Cavaliere – e cioè dare l’opportunità ai primi tre aggiudicatari di gara di poter far usufruire le aziende di quei tre lotti con una quota di mercato che sia priva di vincoli. In realtà ci siamo accorti dai dati che essenzialmente il primo aggiudicatario ha una quota di mercato reale che sfiora l’80%, lasciando poche briciole al secondo e al terzo aggiudicatario. Questo è un boomerang perché sta determinando delle carenze dovute al fatto che il secondo e il terzo aggiudicatario non si vedono premiati da quella gara. In questo modo non si ha un raggio d’azione a lungo termine per ciò che concerne la giusta programmazione dei fabbisogni e si riducono gli investimenti, costringendo a volte le aziende a ricorrere all’importazione parallela sui mercati europei. E il paradosso è che paghiamo alcune molecole a prezzi più alti rispetto all’accordo quadro stesso”.

Qualche numero per inquadrare come, in ogni caso, l’applicazione di questa legge abbia dato i suoi frutti in termini di accesso alle cure e risparmio: “Dal 2016 a oggi – fa notare Forestiere – abbiamo avuto un aumento del trattamento dei pazienti di quasi il 165% quindi un’espansione alle cure innovative biotecnologiche grazie all’introduzione di nuovi biosimilari. Il secondo aspetto riguarda il risparmio: da dati del 2022 si è visto che se avessimo utilizzato gli stessi volumi al prezzo dei farmaci originator avremmo avuto una spesa di 2,7 miliardi di euro, mentre invece la spesa con i biosimilari è stata di 800 milioni di euro. Stiamo parlando di un risparmio di 1,6 miliardi”. Ma per come è strutturato il mercato oggi “rischiamo il vuoto biosimilare: se guardiamo al 2032 si stima che il 75% degli originator che arriverà a scadenza di brevetto non avrà un farmaco biosimilare. Abbiamo tutto il tempo per intervenire. Si sta parlando di un orizzonte di lungo periodo ma dobbiamo assolutamente porre il problema al centro e essere tempestivi nel riuscire a sfruttare a pieno questa opportunità”.

Ultimo aspetto ma non meno importante, quello clinico: “In questo è cruciale il ruolo del farmacista ospedaliero – osserva Cavaliere – se i dati certificano che siamo tra i primissimi Paesi in Europa come penetrazione del biosimilare sia a volumi sia a numero di confezioni, lo si deve molto ai farmacisti ospedalieri che riescono a declinare in modo operativo quelle linee guida e di indirizzo che devono essere orientate e declinate sul clinico prescrittore. Noi farmacisti abbiamo un’interlocuzione bidirezionale giornaliera col clinico specialista ricordando come questi farmaci vengono prescritti nei centri di diagnosi e cura individuati dalle Regioni e quegli stessi centri sono i centri che sono deputati alla dispensazione dei farmaci biologici”.

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